Weekly AI | Avanza la robotica umanoide, Meta cattura talenti da OpenAI e l’Europa riprende slancio
Weekly AI è la rassegna settimanale di AI news sulle notizie più rilevanti legate al mondo dell’intelligenza artificiale.
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Prosegue il braccio di ferro tra Meta e OpenAI, con Apple a gravitare nei dintorni. Ormai la compravendita di specialisti AI ha raggiunto (e superato) cifre da calcio mercato (fa sorridere considerato l’avvicinamento della Premier League all’AI).
Nonostante Altman avesse negato l’influenza di Meta sui suoi ricercatori, silenziosamente Zuckerberg è riuscito a portare dalla sua parte otto dipendenti di OpenAI. Tanto che Altman alza le retribuzioni e impone una settimana di ferie per ripensare la strategia interna, con tanto di messaggio al suo team per invitare a difendersi dalle tecniche agguerrite del reclutamento di Meta.
Quest’ultima intende definitivamente recuperare il terreno perduto e forte dei nuovi acquisti conferma la creazione di un “team superintelligenza” guidato da Alexandr Wang.
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Nel mezzo della battaglia Apple (dopo aver valutato l’acquisizione di Perplexity) valuta un aiuto esterno per il rilancio di Siri: in lizza ci sono OpenAI e Anthropic. Una possibile partnership darebbe ossigeno a Apple ma confermerebbe la sua conclamata debolezza, aumentando il solco che la separa dagli avversari.
Interessante, nel mezzo delle strategie commerciali, è il segnale al settore lanciato da Cloudflare, che propone un software che obbliga le aziende che fanno scraping a pagare i possessori dei dati.
Musk pare felicemente concitato. Per scrollarsi di dosso la parentesi politica torna al suo vecchio schema: strategia di innovazione da un lato e dichiarazioni mediaticamente esplosive dall’altro. Mentre farnetica con fare messianico attorno alla volontà di “riscrivere la conoscenza umana” attraverso Grok 4, ottiene 10 miliardi di dollari per potenziare l’infrastruttura di xAI. Segno che nonostante tutto gli investitori sono con lui.
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Anche Amazon festeggia raggiungimenti milionari, ma non in senso economico. Prima la versione di Alexa+ potenziata con AI raggiunge in anteprima un milione di persone; poi, nei suoi magazzini, l’azienda supera il milione di robot attivi. Saranno coordinati dalla nuova AI DeepFleet e, secondo le previsioni, a breve supereranno numericamente i dipendenti umani. Forse le dichiarazioni di Andy Jassy della settimana scorsa erano più un’anticipazione che un avvertimento.
In compenso l’azienda perde un dirigente AI esperto e importante, Vasi Philomin, ‘rubato’ da Siemens.
L’automazione robotica di Amazon alimenta le pressioni sull’avvento dei robot umanoidi casalinghi, tanto che Vinod Khosla prefigura un “momento ChatGPT dei robot” da qui a un paio d’anni.
E il fantasma dell’occupazione sostituita dall’AI aleggia un po’ ovunque. TomTom mette l’intelligenza artificiale al centro della strategia e taglia 300 posti di lavoro e ben più dirompente è l’annuncio di Microsoft, che per ripensamenti strategici che coinvolgono i fondi da dirottare verso i data center AI taglierà fino a 9000 dipendenti (il 4% della sua forza lavoro).
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Dal punto di vista amministrativo e istituzionale l’intelligenza artificiale americana è in un equilibrio fragile. Mentre Donald Trump mira alla centralizzazione e alla lotta contro la burocrazia per garantire la crescita del settore, il Senato degli USA blocca il divieto degli Stati di legiferare sull’AI per 10 anni. Il divieto era stato proposto per permettere lo sviluppo libero (e selvaggio) del mercato, ma dopo i voti in Senato ogni singolo Stato potrà liberamente legiferare in materia di AI, senza dover aspettare un decennio.
Uno sviluppo che può inaugurare una nuova fase normativa dell’AI negli USA, come è noto tiepida in fatto di legislazione. Gli operatori del mondo dell’editoria ne approfittano e richiedono al loro settore di limitare l’uso della tecnologia generativa. Il quadro di perplessità è completato da un parziale dietro-front dell’apparato militare riguardo alle nomine agli esperti del tech: le istituzioni chiedono verifiche sul conflitto di interessi. Forse l’America tradisce l’ansia per la competizione cinese.
Pechino sembrerebbe intanto accelerare sul suo nuovo sistema di censura basato sull’intelligenza artificiale. E soprattutto, Baidu rende il suo modello Ernie X1 open-source, cercando presumibilmente un altro momento di svolta mondiale “alla DeepSeek” ma senza riuscire a imporsi in modo significativo.
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Ma è in Europa che si respira maggiormente un’energia che sa di cambio di passo. Tutto prefigura un assetto da competizione come mai prima.
In Commissione Europea arrivano 76 proposte di progetti per gigafactory AI, mentre la Danimarca promulga una legge storica per proteggere l’identità digitale dai deepfake. In pratica associa ad ogni persona un copyright su sé stessa. Oltre a essere una legge molto innovativa, prepara la società all’integrazione sana delle nuove tecnologie.
E poi, piogge di finanziamenti.
Lovable, startup AI svedese per creare siti web, raggiunge 1,8 miliardi di dollari di valutazione grazie a un round da 150 milioni, in una crescita che alcuni investitori definiscono “la più incredibile mai vista in Europa”.
Anche la società di tecnologia climatica olandese Dexter Energy raccoglie 23 milioni di euro di finanziamenti e la londinese ElevenLabs, la startup di voci sintetiche, mira alla quotazione in borsa entro cinque anni.
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È significativo anche il posizionamento di alcune realtà che sfuggono di solito dalla narrativa mainstream. Un report sottolinea come Character.AI (la controversa app americana che simula relazioni emotive tra personaggi digitali e gli utenti) sia diffusa in Italia già da un po’, soprattutto tra i giovani, pur rimanendo relativamente fuori dai radar. Ci ricorda che l’adozione delle nuove tecnologie sfugge alla pianificazione dall’alto e si muove per vie sotterranee che, nonostante calcoli e proiezioni, restano in gran parte imprevedibili e difficili da tracciare.
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